La storia di Palazzo di Varignana fa ben sperare per il futuro dell’olivicoltura di qualità nel nostro Paese. In un momento di generale abbandono delle superfici olivetate e di crollo della produzione, esistono ancora lungimiranti imprenditori di successo che scommettono sull’agricoltura e la valorizzazione del paesaggio osando dove tutti gli altri desistono. Quest’avventura imprenditoriale ben rappresenta il corretto approccio che bisognerebbe avere oggi giorno se si volesse fare impresa con la produzione di olio extravergine.
Ovvero una forte passione per il prodotto unità a grandi capacità imprenditoriali e d’investimento, una visione di medio-lungo periodo, una produzione da subito improntata alla grande qualità ma su volumi prospettici importanti che punta alla valorizzazione del territorio e alla specificità delle cultivar locali. Questo in sintesi il mix di fattori che sono alla base di un progetto che si preannuncia convincente.
La più estesa produzione di olio extravergine di oliva della Regione Emilia-Romagna, con olive interamente di proprietà, nasce sui terreni di Agrivar. Questa è l’azienda agricola di Palazzo di Varignana, lussuoso resort adagiato ai piedi dei colli bolognesi nel piccolo e antico borgo di Varignana, una frazione del Comune di Castel San Pietro.
Avviata nel 2015, l’azienda agricola conta oggi oltre 100 ettari di uliveti e 65 mila piante attualmente in conversione al biologico e privilegia la coltivazione delle cultivar autoctone, tra cui la Ghiacciola e la Nostrana di Brisighella, a cui si aggiungono in minore percentuale Frantoio, Leccino, Maurino e Leccio del Corno.
Una piccola “Era Glaciale”
Studi letterari ci dicono che l’olivicoltura nelle colline di Varignana era praticata sino ai primi del ‘700, quando iniziò quella che gli storici definiscono come ‘piccola era glaciale’ (conclusasi verso la metà dell’800), con conseguente moria delle piante di olivo, che mal sopportano temperature troppo rigide. A testimonianza di questa epoca sono arrivati fino ai giorni nostri quattro ulivi secolari di varietà Ghiacciola perché protetti dalle mura del Cimitero della Cappella di Varignana.
La Civitas Claterna
Spingendoci ancora più indietro nella storia, alcune fonti ipotizzano che l’arrivo a Varignana della cultura dell’olio e quindi della coltivazione dell’olivo sia avvenuta grazie alla fondazione nel I secolo D.C. della Civitas Claterna da parte dei Romani. Questi furono i primi ad utilizzare l’olio per fini alimentari, a differenza degli etruschi che lo utilizzavano solo a fini energetici o cosmetici.
La passione che il fondatore di Palazzo di Varignana nutre da sempre per la pianta di ulivo e per la storia di Claterna hanno riportato in auge questa coltura, per secoli abbandonata, facendo sì che ospitalità e agricoltura si fondano in un grande progetto di rinascita e recupero del territorio.
Fin dagli albori, lo scopo è stato quello di rivalutare una zona collinare, per sua natura fortemente vocata all’agricoltura, nella quale erano presenti grandi appezzamenti di terra incolti o con colture di poco pregio. Inoltre, le importanti opere di drenaggio, bonifica, pulizia di fossi e canali che si sono rese necessarie, hanno contribuito ad abbassare notevolmente i problemi di dissesto idrogeologico di queste meravigliose colline vicino a Bologna.
Si tratta quindi di un progetto agroalimentare eco sostenibile molto ambizioso e che sta già facendo conoscere questo angolo di territorio anche al di fuori dei confini nazionali.
L’extravergine di Ghiacciola
L’olio extravergine di oliva Palazzo di Varignana ha ottenuto infatti diversi riconoscimenti nazionali e internazionali. In particolare il Monocultivar Ghiacciola “Claterna” raccolta 2018 ha ricevuto i prestigiosi “Tre Foglie” della Guida Gambero Rosso Oli d’Italia, “Grande Olio 2019” nella Guida agli Extravergini di Slow Food e, a livello internazionale, il ‘Gold Prize’ al Joop di Tokyo e il ‘Silver Award’ al NYIOOC di New York.
Le previsioni agronomiche dicono che il regime produttivo sarà raggiunto attorno al 2025/2026, con 130 ettari di uliveto e 100 mila piante per una produzione complessiva di circa 100mila litri, che richiederanno in tempi brevi la realizzazione di un frantoio di proprietà.
Infine, novità di quest’anno, è l’adesione al progetto dell’Olio Extravergine di oliva dei Colli di Bologna, che si prefigge di promuovere un olio tipico della zona, contraddistinguendolo con il marchio collettivo “Olio extravergine dei Colli di Bologna” e di avviare l’iter che porterà all’ottenimento della certificazione Igp.
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