L’olio extravergine italiano ha una storia millenaria alle spalle che è iniziata più di 4000 anni fa. I primi oliveti hanno fatto la loro comparsa in Sicilia e ben presto l’olivicoltura ha raggiunto livelli d‘eccellenza in tutto il nostro territorio. La coltivazione degli olivi abbraccia le nostre terre da nord a sud e migliaia di ettari di terreni ospitano oltre 400 differenti varietà di olive autoctone.
La qualità della nostra produzione di olio extravergine è un vero e proprio tesoro. A testimoniarlo sono le 42 Dop e le 4 Igp sparse in tutta la Nazione. Così come l’oltre un milione di oliveti coltivati con amore e passione da circa 5 mila frantoiani e 820 mila aziende agricole.
I numeri della crisi
Numeri che dovrebbero tradursi in un futuro più che roseo per l’olivicoltura nazionale, ma purtroppo non è così. Il mondo dell’olio extravergine italiano vive di alcuni controsensi inspiegabili. Il nostro Paese è infatti il secondo produttore mondiale di olio evo nel mondo e il secondo esportatore a livello internazionale. Meglio di noi ha fatto solo la Spagna che da anni domina il mercato dell’olio d’oliva. A discapito di quanto detto l’Italia è anche il primo importatore mondiale di olio d’oliva. Nel 2017 sono state esportate 329 mila tonnellate di olio extravergine italiano mentre 531 mila tonnellate di olio comunitario hanno varcato i confini nazionali.
Gli italiani sono anche il popolo che consuma più olio extravergine al mondo. Ma a quanto pare la maggior parte dell’olio che acquistiamo non è di provenienza italiana. Questo perché la produzione nazionale non riesce più a soddisfare il fabbisogno interno. Gli ultimi dieci anni evidenziano un trend negativo crescente. La produzione è infatti calata del 20%, passando da 600 mila tonnellate alle 400 mila dell’ultima campagna olearia. Mentre solo nel 2017 il consumo di olio extravergine italiano pro capite è calato di ben 9 litri. Dati che gettano non poche ombre sul mondo dell’olio extravergine italiano.
Perché l’olivicoltura italiana stenta a decollare?
L’Italia rientra a pieno titolo tra le Nazioni che si affacciano sul bacino del Mediterrano, culla della produzione mondiale di olio extravergine. Le aree con una spiccicata vocazione olivicola non marcano. Qual è allora il vero problema dell’olivicoltura nazionale?
I motivi sono più di uno. Tra i principali c’è la fatica per la maggior parte dei produttori di olio evo italiani a stare al passo con le moderne tecnologie di produzione proprie delle realtà più competitive. Sul territorio nazionale esistono tante piccole aziende che producono oli extravergine di eccellente qualità e li esportano in tutto il mondo. Ma questi esempi virtuosi da soli non riescono a fare da traino al resto dell’olivicoltura del bel Paese. A loro fianco ci sono poi grandi aziende che riescono a competere sul mercato commercializzando grandi quantità di olio extravergine a basso costo. Ma la loro competenza nel settore dell’olivicoltura è certamente inferiore, così come la qualità dell’olio venduto.
Qual è la strada da percorrere?
Il punto di forza dell’olivicoltura nazionale è la sua caratterizzazione territoriale. Come abbiamo visto in Italia ci sono centinaia di varietà di olive fortemente connesse al territorio di provenienza. Le loro caratteristiche organolettiche sono uniche e particolari e si possono assaporare nei diversi oli extravergine regionali. Ed è proprio la tipicità il valore aggiunto della nostra produzione sulla quale bisogna puntare per valorizzare il patrimonio olivicolo italiano.
I piccoli frantoi regionali sparsi in tutta la Penisola sono un tesoro prezioso da salvaguardare. Il loro numero è addirittura superiore a quello della Spagna, sono infatti 5.000 ma il 70% di loro molisce ogni anno meno di 5.000 quintali di olive. Bisogna dare loro i mezzi necessari per crescere e dare nuovo slancio al comparto olivicolo italiano.
Per farlo il Ministero delle politiche agricole e forestali (Mipaaf) ha sviluppato un Piano olivicolo Nazionale a sostegno dell’olivicoltura italiana. L’obiettivo comune di tutte le iniziative promesse del Ministero è quello di incrementare la produzione nazionale di olive e di olio extravergine, di valorizzare i prodotti italiani e di riorganizzare al meglio la filiera produttiva da un punto di vista qualitativo e quantitativo.
Il piano del Ministero delle politiche agricole e forestali punta a razionalizzare la coltivazione degli oliveti nazionali, incrementando la produzione nazionale di olio d’oliva senza gravare sulle risorse naturali del territorio, in modo particolare su quelle idriche. Altro elemento indispensabile è la sostituzione dei vecchi impianti produttivi con tecnologie moderne e meccanizzate che rispettino l’ambiente e nel contempo aiutino a produrre maggiori quantità di olio extravergine.
Olio extravergine. La Sua Ricchezza. La Nostra Fortuna
A fianco di questi interventi di carattere tecnico il Mipaaf ha inoltre sviluppato la campagna istituzionale “Olio extravergine. La Sua Ricchezza. La Nostra Fortuna”. Il suo obiettivo è quello di promuovere il consumo di olio extravergine di oliva, valorizzando il prodotto di qualità e il suo straordinario legame con il territorio.
Il Ministero ha promosso diverse iniziative volte ad aumentare la consapevolezza dei consumatori sul prodotto acquistato e a far conoscere la normativa europea sull’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle olive e delle zone di produzione. La campagna ha inoltre sensibilizzato il consumatore alla corretta lettura dell’etichetta per conoscere le caratteristiche nutrizionali, la varietà e la qualità certificata dei migliori oli extravergine nazionali, focalizzato l’attenzione del pubblico sul valore culturale e territoriale dei nostri oli extravergine.
E’ questa la strada da percorrere per ridurre l’incertezza e le oscillazioni produttive che ad oggi sono la nota dolente dell’olivicoltura nazionale. Proseguendo in questo modo si riuscirà a soddisfare quanto prima la domanda interna di olio extravergine di oliva italiano al 100% e di grande qualità.